Spettacolo annullato

di e con Marco D’Agostin
suono, grafiche LSKA
testi Chiara Bersani, Marco D’Agostin, Azzurra D’Agostino, Wendy Houstoun
luci Giulia Pastore
costruzione scene Andrea Sanson
consulenza scientifica The Nigel Charnok Archive, Roberto Casarotto
consulenza drammaturgica Chiara Bersani, Claudio Cirri, Wendy Houstoun, Tabea Martin, Alessandro Sciarroni
consulenza tecnica Eleonora Diana, Luca Poncetta, Paola Villani
movement coach Marta Ciappina
direzione tecnica Paolo Tizianel
traduzioni Johanna Bishop, Damien Modolo
cura, promozione Damien Modolo
organizzazione Eleonora Cavallo
amministrazione Federica Giuliano

produzione VAN
coproduzione Rencontres chorégraphiques internationales de Seine-Saint-Denis, KLAP Maison pour la danse à Marseille, CCN2-Centre chorégraphique national de Grenoble
con il supporto di Centrale Fies, CSC/Centro per la Scena Contemporanea (Bassano del Grappa), inTeatro, Emilia Romagna Teatro Fondazione, the WorkRoom (Fattoria Vittadini), Teatro Comunale di Vicenza

durata 1 ora
anteprima italiana
spettacolo in italiano e inglese con sovratitoli in italiano e inglese

Dear N,
you were too much.
Too funny.
Not just plain funny but, you know:
silly funny, witty funny,
biting funny, cutting funny, ferocious funny,
despondent funny, frightening funny.
And physical too.
Yes too physical by half.
Too body, body.
Too bodily body to be theatre
and too entertaining to be serious.

(Caro N,
eri troppo.
Troppo divertente.
Non proprio divertente e basta,
ma divertente ridicolo, divertente acuto,
divertente mordace, divertente tagliente, divertente feroce,
divertente sconfortante, divertente spaventante.
E fisico.
Si, decisamente troppo fisico.
Troppo corpo, corpo.
Troppo corporeamente corpo per essere teatro
e troppo comico per essere serio.
Così dicevano. Per me eri un buffone che fa sul serio… )

Wendy Houstoun, Letter to Nigel Charnock

Con queste parole Wendy Houstoun salutava l’amico e collega Nigel Charnock, a pochi giorni dalla sua morte, nell’agosto del 2012. Nigel era stato uno dei fondatori dei DV8 – Physical Theatre negli anni ’80; aveva poi proseguito in solitaria come performer e coreografo, dando vita a una formidabile serie di assoli. Per chi lo ha conosciuto egli era, esattamente come nelle parole di Wendy, “too much” (troppo).
Con i suoi spettacoli, esplosioni ipercinetiche in cui il canto, la danza, il grido, l’improvvisazione, la finzione e la realtà palpabile della performance venivano cucite attorno ad un vuoto abissale, ha allargato le maglie del genere “danza contemporanea” ed è sembrato incarnare alla perfezione quella possibilità dell’arte che David Foster Wallace avrebbe chiamato “failed entertainement” (“intrattenimento fallito”). In lui tutto era energia, desiderio, volontà. Eppure, come disperatamente ripete nel suo solo One Dixon Road, «there’s nothing else, it’s nothing, nothing»*: non c’è niente, niente, niente ha senso.
Ho conosciuto e lavorato con Nigel Charnock nel 2010. Questo incontro ha segnato una linea netta nel mio modo di pensare la performance. Dopo di lui, la possibilità di una danza è per me l’orizzonte entro il quale tutto in scena può accadere.
BEST REGARDS è la lettera che scrivo, con 8 anni di ritardo, a qualcuno che non risponderà mai. È un modo per dire: “Dear N, I wanted to be too much too” (“Caro N, anch’io volevo essere troppo”).
É l’invito a partecipare a un tributo laico e pop: cantiamo assieme di una nostalgia che ci riguarda tutti, noi che non siamo arrivati in tempo per dire quello che volevamo. All’ombra del tempo scaduto, e sotto la luce che Nigel continua a proiettare sulla scena di chi oggi danza, facciamo risuonare un ritornello martellante, spieghiamo di fronte ai nostri occhi un foglio bianco e chiediamoci: come la cominciamo, questa lettera impossibile?

* rubbish, shit, there is no now… all there is is
this, there’s nothing else, it’s nothing, and what
does this mean, nothing… It’s absolutely, totally,
beauti- fully, divinely, amazingly meaningless,
right, I’m glad we got that sorted now

Marco D’Agostin

Marco D’Agostin, biografia

Marco D’Agostin

Marco D’Agostin è un artista attivo nel campo della danza e della performance, vincitore del Premio UBU 2018 come Miglior Performer Under 35. Dopo una formazione con maestri di fama internazionale (Yasmeen Godder, Nigel Charnock, Rosemary Butcher, Wendy Houstoun/DV8, Emio Greco), ha iniziato la propria carriera come interprete, danzando per, tra gli altri, Claudia Castellucci, Alessandro Sciarroni, Liz Santoro, Iris Erez, Sotterraneo.
Dal 2010 ad oggi ha sviluppato la propria ricerca coreografica come coreografo ospite di numerosi progetti internazionali (ChoreoRoam Europe, Act Your Age, Triptych).
Ha presentato i propri lavori in molti dei principali festival italiani ed europei (Santarcangelo, Romaeuropa, VIE, Torinodanza, OperaEstate, Rencontres Choréographiques de Saint-Denis e Théatre de La Ville a Parigi, Les Brigitines a Bruxelles, The Place Theatre in London, Sala Hiroshima a Barcellona per citarne alcuni).
I suoi lavori sono stati negli insigniti di numerosi riconoscimenti: Premio Gd’A Veneto 2010 (Viola), Segnalazione Speciale al Premio Scenario 2011 (Spic & Span), Premio Prospettiva Danza 2012 (per non svegliare i draghi addormentati), Teatro Libero di Palermo Prize al BEFestival e secondo premio al concorso (Re)connaissance di Grénoble nel 2017 (Everything is ok). È stato per due volte tra le Priority Company del network europeo Aerowaves.
The Olympic Games, creato in collaborazione con Chiara Bersani, è stato coprodotto da K3|Tanzplan (Kampnagel, Amburgo) e dal progetto europeo BeSpectACTive. Nel 2018 ha debuttato con due lavori: Avalanche, co-prodotto da Rencontres Chorégraphiques de Saint-Denis, CCN di Nantes e Marche Teatro, e First Love, una commissione di Torinodanza e Espace Malraux (Chambéry).
Marco D’Agostin è uno dei fondatori di VAN, organismo di produzione della danza riconosciuto e sostenuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali dal 2015.

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