uno spettacolo di Andrea Adriatico
ispirato a Jean-Paul Sartre
drammaturgia di Andrea Adriatico e Stefano Casi
con Gianluca Enria, Teresa Ludovico, Francesca Mazza
e con Leonardo Bianconi
con la cortese partecipazione di Angela Malfitano e Leonardo Ventura
cura Daniela Cotti, Alberto Sarti, Saverio Peschechera e Giulia Generali, Laura Grazioli
tecnica Salvatore Pulpito
con il supporto tecnico di I fiori di Marisa, Lady Rose
una produzione Teatri di Vita, Akròama T.L.S.
con la collaborazione di Teatri di Bari
con il sostegno di Comune di Bologna – Settore Cultura, Regione Emilia-Romagna – Servizio Cultura, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
a Giulio
Durata 1h 10′
Prima assoluta
Due donne e un uomo, rinchiusi in un salotto per l’eternità. Quel salotto elegante e perbene è l’aldilà, e la loro convivenza è la condanna dopo la morte, perché “l’inferno sono gli altri”. Jean-Paul Sartre scrive “A porte chiuse” (“Huis clos”) nel 1944, firmando uno dei capolavori della drammaturgia europea: un serrato dialogo fra tre morti che protraggono la loro pena semplicemente rigettandosi in faccia verità scomode. Una metafora delle relazioni sociali e della stessa identità, formata dalla prospettiva degli altri. Un’intuizione che rimane sempre potente per la sua capacità di descrivere i rapporti umani, e dunque le aberrazioni e forzature del giudizio altrui, anche 70 anni dopo, nell’epoca in cui il “controllo” dell’altro passa impietoso e violento attraverso i media e i social network, definendo un “inferno globale” che è l’ambiente in cui viviamo.
Dopo gli “inferni” di Copi, Elfriede Jelinek, Koltès, Beckett o Pasolini, Andrea Adriatico approda all’opera più esplicita riguardante la pressione sociale come fonte di sofferenza per l’uomo della nostra epoca. E lo fa in una coproduzione che vede coinvolti Teatri di Vita, Akròama e Teatri di Bari, nell’ambito del VIE Festival.
Lo spettacolo rientra nel progetto “Atlante”: progetto cervicale per chi soffre di dolori al collo, dolori da peso del mondo”, che si sviluppa attraverso gli spazi urbani. Dopo “Bologna, 900 e duemila”, prima tappa di “Atlante” negli spazi monumentali del capoluogo emiliano, ecco lo spazio tutto interiore e domestico di A porte chiuse, seconda parte del progetto.
Andrea Adriatico
Nato a L’Aquila nel 1966.
Ha lavorato a lungo nel teatro, imponendo uno stile spregiudicato di fusione tra i generi, affrontando autori e tematiche complesse con un’ispirazione visiva e narrativa di taglio cinematografico.
Tra gli autori messi in scena: Beckett, Brasch, Koltès, Pasolini, Mishima, Cocteau, Copi. I suoi spettacoli sono stati presentati in teatri e festival italiani ed europei (Francia, Germania, Ungheria, Slovenia, Macedonia) con importanti coproduzioni, da Santarcangelo dei Teatri alla Biennale di Venezia.
A Bologna ha fondato nel 1993 il Centro Internazionale Teatri di Vita.
Dal 2000 comincia anche una carriera nel cinema.
Tra il 2000 e il 2002 crea tre cortometraggi ospitati in numerosi festival internazionali, dove si aggiudica diversi premi.
Nel 2004 firma il suo primo lungometraggio Il vento, di sera, invitato al Festival del Cinema di Berlino.
Il film è successivamente ospite di oltre venti festival internazionali in tutto il mondo e vince il Roseto Opera Prima Film Festival.
Il suo secondo film, All’amore assente (Andres and me), presentato nel 2007 al London International Film Festival, ha vinto il Premio Speciale della Giuria al Festival di Annecy.
Nel 2010 firma, insieme a Giulio Maria Corbelli, la regia del film documentario +o- il sesso confuso, racconti di mondi nell’era aids, che fa il punto della situazione sulla pandemia che ha travolto il nostro secolo. Appena uscito, il film vince il Premio Internazionale Emilio Lopez a Pescara e il premio come miglior film documentario al Mix di Milano.
L’ultimo suo docufilm è Torri, checche e tortellini.
Andrea Adriatico è anche giornalista professionista ed è stato docente alla sezione cinema del Dams di Bologna.