regia, scene e luci Cesare Ronconi
testi Mariangela Gualtieri
drammaturgia del corpo Lucia Palladino
con Arianna Aragno, Elena Bastogi, Silvia Curreli, Elena Griggio, Rossella Guidotti, Lucia Palladino, Alessandro Percuoco, Ondina Quadri, Piero Ramella, Marcus Richter, Gianfranco Scisci, Stefania Ventura
cura e ufficio stampa Lorella Barlaam
guida del canto Elena Griggio
proiezioni Ana Shametaj
costumi Cristiana Suriani
collaborazione luci Stefano Cortesi
service audio Andrea Zanella
costruzioni in legno Maurizio Bertoni
scultura in ferro Francesco Bocchini
produzione Teatro Valdoca
con la collaborazione di L’arboreto-Teatro Dimora di Mondaino, Teatro Petrella di Longiano
con il sostegno di Emilia Romagna Teatro Fondazione
col contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Cesena, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Durata 1 h e 30′
Domenica 22 è disponibile un servizio di navetta, gratuito su prenotazione al momento dell’acquisto del biglietto, in partenza dal Teatro delle Passioni di Modena alle ore 17.30, fermata intermedia al Teatro Storchi al termine dello spettacolo Begalut, e arrivo al Teatro Comunale di Carpi. Ritorno a fine spettacolo al Teatro delle Passioni di Modena.
Giuramenti è un lavoro corale che prende forma in un ‘corpo di corpi’ con la sua fluida empatia, con una fresca vitalità di movimento, fra danza e scatto atletico. Ed è una ‘voce di voci’ che cantano, che offrono al mondo la propria inquietudine, l’amore, l’ardore, aprendo la breccia di una sapienza enigmatica.
Compimento di un percorso creativo che il Teatro Valdoca ha realizzato in forma di esperienza comunitaria nell’abbraccio della natura, lo spettacolo è stato concepito a Mondaino – presso L’Arboreto-Teatro Dimora, una struttura per le arti sceniche armonicamente immersa nel bosco – dove la compagnia ha realizzato una permanenza di tre mesi nell’inverno scorso praticando con undici ragazzi la poesia del corpo e della voce, misurando la relazione e la coralità, inoltrandosi nei pertugi della parola e nei più remoti nascondigli della libertà, per favorire la nascita selvatica di una partitura scenica che oggi viene a inondare con dolcezza la città, chiamandola a raccolta nel teatro.
Lo spazio teatrale è svuotato al centro e dispone gli spettatori come intorno a un buco che si contempla in attesa di rivelazione. Come animali pacificati nella propria origine, generanti nuove specie, portatori di segreto, i performer si muovono tra palco e buca, disponendosi ora nella forma atavica del cerchio ora nel segno ieratico della croce, accordandosi in un grande affresco che coraggiosamente tenta un modo radicale, plenario e arcaico di fare teatro, tornando al cuore del lavoro trentennale del Teatro Valdoca.
Dal Coro – che intona versi poetici o rituali canti a cappella – spiccano i singoli interpreti con i loro a solo intensi e teneri. Le parole che Mariangela Gualtieri – nutrita per lampi dai versi di Victor Cavallo, e dei polacchi Czesław Miłosz e Zbigniew Herbert – ha letto in quei volti della giovinezza (i testi sono perlopiù scritti appositamente per loro, composti nel corso della residenza) colgono la solennità, l’impavidità, l’inquietudine, la follia, la passione che vi abitano scalpitanti e che, precipitando in voce e danza e canto, si fanno invocazione e preghiera. È una sorta di processo di purificazione del verbo e del cuore, che risuona come un dialogo amoroso tra l’uomo, la natura e la divinità.
«La parola vana dà spettacolo – scrive Mariangela Gualtieri – allora bisogna tentare uno spettacolo della parola sacramentale, dentro una timbrica del giuramento. Abitare lì dove la parola viene rimessa nella vita, nel tentativo di dotarla di nuovo delle proprie potenze. Per fare questo ci vuole il verso, ci vuole l’arte del teatro e soprattutto ci vogliono corpi vivissimi, cuori spalancati all’arte e all’incontro, teste che sappiano tacitarsi e farsi comunità teatrale, sia pure provvisoria, ma solidali nella volontà di crescita e di espressione. E infine la comunità del pubblico che viene e completa, fa sì che il sogno si attui».
Il Teatro Valdoca – nucleo artistico storico del teatro di ricerca italiano, fondato e condotto da Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri in un predestinato incontro tra scena e poesia – non è nuovo alla creazione di raggruppamenti di giovani, compiuti come ciclici happening dell’esistenza, con un appello a quella vena sfuggente e fondante dell’energia cosmica. E anche, come dimostrazione di un corso vitale in cui, al vero, l’età anagrafica non ha riscontro, dove la morte è vinta da quel respiro dell’arte, da quel salto dell’anima, da quel giuramento alla vita che solo insieme si riesce forse a compiere.
«È un’opera teatrale molto energica, scalciante – prosegue l’artista – ma anche piena di tenerezza, di preoccupazione e affetto per il mondo e tutto ciò che lo popola. Un gigantesco giuramento d’amore al teatro, all’arte, a ciò che più ci tiene vicini e vivi».
L’intera esperienza della creazione di Giuramenti darà vita anche a un film documentario dal titolo “Gli indocili”, il cui soggetto è firmato da Mariangela Gualtieri e Ana Shametaj, giovane video-artista cui è affidata la regia, prodotto da Jacopo Quadri per Ubulibri, in collaborazione con Teatro Valdoca e Stemal.
Leggi la recensione di Brunella Torresin su la Repubblica
Teatro Valdoca
Il Teatro Valdoca nasce nei primi anni ottanta dal sodalizio fra Cesare Ronconi, regista, e Mariangela Gualtieri, poeta e drammaturga.
Dapprima è un collettivo, un gruppo di musica e teatro senza mansioni differenziate, il Collettivo Valdoca. È a metà degli anni settanta che matura la vocazione teatrale dei due fondatori. Grazie infatti a una borsa di studio in Polonia, Ronconi e Gualtieri incontrano a Cracovia il lavoro di Kantor, prima che il Cricot venisse in Italia, e il Teatro Laboratorio di Grotowski, partecipando a Wroclaw all’indimanticabile Tree of people e assistendo ad Apocalypsis cum Figuris, con gli attori storici del gruppo grotowskiano. Nello stesso periodo, in America, conoscono l’esperienza di Peter Shumann e del Bread and Puppet, il lavoro di Bob Wilson, di Richard Foreman, dello Squat Theatre appena arrivato in USA dall’Ungheria. Ma la figura più sorprendente e di maggior riferimento è, già in quegli anni, Carmelo Bene. Sono anni di forte inquietudine che trova sfogo in viaggi solitari per il mondo (Brasile, Burkina Faso, Spagna, America del Nord) e anche in una lunga residenza di tutta la compagnia in un piccolo villaggio della Tanzania.
Fin da principio vi è stretta collaborazione con gli artisti più amati del proprio tempo, soprattutto pittori, scultori, compositori e musicisti, e vi è anche una cura meticolosa dell’apparato di amplificazione del suono. Dopo l’incontro con il poeta Milo De Angelis, nel 1985, la Valdoca dà vita a una Scuola di Poesia da lui diretta, grazie alla quale, nel corso di tre edizioni, la Compagnia incontra i maggiori poeti italiani: Fortini, Luzi, Bigongiari, Loi, Cucchi, Sicari, Rosselli, Merini, Majorino e altri. È dopo questi incontri e a seguito di altre decisive esperienze personali, che Mariangela Gualtieri comincia a scrivere versi, sospendendo il ruolo di attrice e assumendo quello di drammaturga, mentre Cesare Ronconi affianca alla regia una ininterrotta attività pedagogica grazie alla quale formerà i propri attori e danzatori.
Il tratto più caratteristico della poetica di Valdoca è dato dall’epicità dei suoi attori, sempre tesi verso il sovrumano e il sub-umano, dunque fra eroe e divinità da un lato, animalità, infanzia e deformità dall’altro, nella rinuncia alla narrazione, ai temi sociali, all’attualità e alla cronaca.
Per questo l’attore è spesso anche corpo danzante, fortemente dotato di espressività nella voce, nel movimento e nella stasi. Accanto al ruolo decisivo dell’attore vi è la particolarità della parola di cui questo attore viene dotato: una parola che è sempre verso poetico, sempre inedita e calzante con la scrittura registica, scritta spesso a ridosso delle scene e vicinissima ai dettami della regia.
La presenza frequente di musica dal vivo, l’attenzione al presente della scena, la bassa progettualità, insieme a quanto detto sopra, fanno degli spettacoli di questa Compagnia eventi carichi di ritualità, in cui il gioco delle forze e delle energie della scena conduce lo spettatore dentro l’esperienza della visione, e fanno del pubblico una comunità partecipe e in ascolto.