Gintersdorfer/Klassen
creazione Richard Siegal e Franck E. Yao

coproduzione Ringlokschuppen Mühlheim e Frascati Producties
con il supporto di Mitteln des Landes NRW, Nationalen Performance Netzes aus Mitteln des Tanzplans Deutschland der Kulturstiftung des Bundes

Durata 1h 30’

Prima nazionale

Prenotazione obbligatoria

Già ospite della 68° edizione del Festival d’Avignon, arriva a Modena in prima nazionale Logobi05 di Monika Gintersdorfer e Knut Klassen. Da oltre dieci anni i due artisti tedeschi collaborano insieme ricercando un linguaggio che coniughi economie di sopravvivenza e sconvolgimenti politici in Costa d’Avorio al linguaggio della danza, del teatro e delle arti plastiche. Insieme hanno dato vita a una collaborazione spontanea e libera, stimolata dalla loro reciproca indipendenza artistica. Reattivo e iconoclasta, il loro teatro esplora il rapporto fisicità/parole trattando temi che appartengono al campo della politica, della religione e dello spettacolo. Ecco quindi che performer tedeschi condividono il palco con ballerini, DJs, celebri musicisti della ‘coupé-décalé’ – genere musicale popolare molto noto in Costa d’Avorio – e altri volti noti della vita notturna della capitale ivoriana, Abidjan. Il palco e la performance stessa diventano quindi prezioso e stimolante momento di confronto: è in questa cornice che si inserisce Logobi05 nato dall’incontro fra il coreografo Franck Edmond Yao alias Gadoukou the Star e Richard Siegal, ballerino e coreografo contemporaneo. Completamente basato sull’improvvisazione e ispirato all’omonima ‘street dance’ logobi, Logobi05 impressionerà i suoi spettatori riuscendo a trascrivere la quotidianità dei movimenti in danza e ponendosi come base estetica di confronto culturale e sociale. Due culture, due lingue, quella ivoriana da un lato e quella occidentale dall’altro, si incontrano, dialogano, danzano e si confrontano condividendo le proprie esperienze arrivando a toccare anche tratti umoristici.

www.gintersdorferklassen.org

Leggi l’intervista a Monika Gintersdorfer e Knut Klassen di Marion Siefert

Intervista a Monika Gintersdorfer e Knut Klassen di Marion Siefert

Lavorate come duo e provenite da ambienti così differenti: Monika Gintersdorfer viene dal mondo della messinscena e Knut Klassen da quello delle arti plastiche e del design. Com’è la vostra collaborazione?
Monika Gintersdorfer: Noi non facciamo la stessa cosa, anzi. La nostra filosofia è che tutti debbano lavorare in modo indipendente e nel proprio campo di ricerca. Insieme sviluppiamo l’ideazione di ogni pièce. Nel nostro collettivo, io mi prendo carico di dirigere le prove, mentre Knut prende tutte le decisioni che riguardano il materiale o la scenografia. Parliamo di ‘materiale’, perché le nostre pièce non sono spettacoli teatrali nel senso proprio del termine. Chiamiamo questa pratica scenografica ‘intervento dei materiali’ perché rimane indipendente. Il nostro approccio non rientra nella tradizionale relazione messinscena/scenografia in cui la scenografia deve rispondere alle idee di messinscena e servire i suoi interessi. Per i nostri spettacoli, Knut persegue la ricerca che ha iniziato molti anni fa e mi accoglie, senza necessariamente sapere in anticipo quello che sarà. Il nostro lavoro è un complesso intreccio di due approcci con un elevato livello di autonomia per ciascuno.
Come siete arrivati a lavorare con artisti della Costa d’Avorio?
M. G.: Abbiamo avuto bisogno di tempo. Nel 2002, mentre lavoravo per il teatro istituzionale, ho lavorato ad Amburgo e avevo le sere libere. Una sera sono uscita e in un club ho notato una persona vestita in modo molto originale che danzava in modo altrettanto originale. Era un designer ivoriano. Nel suo biglietto da visita c’era il suo negozio e volevo vederlo. In realtà, non era un negozio, ma la sua casa. Sono arrivate altre persone, tutte appartenenti alla scena ivoriana di Amburgo. Con loro sono andata in un night club dove ho potuto assistere al mio primo spettacolo di Tupac le Champagnard. Ho trovato tutto molto spettacolare e ho notato che la vita notturna ivoriana è abitata da personalità di rilievo. In un altro spettacolo, ho incontrato Franck Edmond Yao alias Gadougou the Star, uno dei ballerini di Solo Béton e ho dovuto filmare la performance e tutto quello che stava accadendo intorno lo spettacolo di Tupac le Champagnard. Tutti i ballerini di Solo Béton erano stati invitati a casa del designer ivoriano per trovare abiti per la serata. Franck Edmond Yao aveva visto che stavo filmando: non si è limitato a provare i vestiti per la serata, ma ha ballato in negozio spiegandomi quello che faceva. Ho trovato questa forma di rappresentazione molto complessa e ho subito pensato di utilizzarla in uno dei miei spettacoli. Nel 2005, Franck Edmond Yao ha realizzato con noi il progetto Erobern. Poi ha voluto continuare a collaborare con noi e così hanno fatto altre persone. Poi ha voluto continuare la nostra collaborazione e così ha fatto sappiamo altre persone. Nel 2002, sono andata in Costa d’Avorio, proprio quando la ribellione è scoppiata. Abbiamo quindi seguito gli avvenimenti politici da vicino e incontrato altri artisti appartenenti al mondo dello spettacolo di Abidjan.
“Logobi” è il nome di una danza urbana molto praticata in Costa d’Avorio con basi musicali elettro-africane.
Qual è stato il punto di partenza di questo progetto?
Knut Klassen: La storia di Logobi è iniziata con tre giorni di prove a Kampnagel, Amburgo dove abbiamo anche girato. Poi abbiamo ne abbiamo montato alcune parti per fare un film sulla danza contemporanea. Lavoriamo con ballerini incredibili come Gotta Depri e Franck Edmond Yao, ma non sono riconosciuti come tali in Europa. Con questo film, dopo tre giorni, siamo stati invitati a festival di danza. Da lì è nata l’idea di questa serie, Logobi05 è il quinto con questo nome (…). In questo modo, siamo stati in grado di integrare questo ambiente molto chiuso alla danza contemporanea in Germania.
M. G.: La tesi di Gotta Depri sulla danza contemporanea europea è stato anche uno dei motivi per cui abbiamo voluto sperimentare Logobi. Continuava a dire: ” È così. Gli Africani ballano molto meglio rispetto agli europei. Ma gli europei non sono stupidi. Hanno inventato un sistema di danza che stabilisce si balla bene o male. Puoi rotolare come se fossi malato o disabile, qualunque cosa. Devi solo dire che ‘è concetto’, che si capisca oppure no. E gli europei sono andati in Africa, dove la gente balla così bene, e hanno cercato di insegnare loro il concetto di cattivo ballerino. Gli africani non capiscono perché devono ballare ‘bene’, ma fanno finta di capire. Bluffano perché vogliono solo ottenere un visto per guadagnare soldi in festival internazionali. Così gli europei hanno vinto in un campo in cui non sanno nulla. Questa è la cosa.” Con questa tesi, Gotta Depri ha toccato il cuore della danza contemporanea: ha eretto una sorta di accusa contro di noi, in qualche modo, ha ottenuto un diritto di replica, almeno un confronto.

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